La festa della parola di Antonella Silvestrini

L’autrice analizza e commenta cinque fiabe di Giovan Battista Basile (1566-1632), letterato, scrittore e cortigiano campano, a cui si deve l’opera postuma “Lo cunto de li cunti”, una raccolta di 50 racconti-fiabe in lingua napoletana, detto anche Pentamerone, perché si articola in cinque giornate lungo le quali le fiabe vengono narrate.
Si tratta di un libro di straordinaria intelligenza e sagacia, dove ironia e umorismo, sempre presenti nelle coloratissime espressioni dialettali che divertono il lettore, sdrammatizzano qualsiasi situazione narrata, anche la più tragica.
Il “Cunto” offre miriadi di spunti di riflessione, capovolgendo luoghi comuni e moralità corrente, introducendo nel teatro narrato, personaggi, trame, situazioni incredibili e dense di significato. Contrariamente alle successive fiabe nordiche protestanti, la  “morale” con cui si conclude ciascun cunto non è mai moralistica; non c’è la severità della divisione buoni/cattivi, che culmina con la punizione; il finale invece si svolge con apertura a una chance nuova.
Antonella Silvestrini, intellettuale e psicanalista pordenonese, conosciuta al pubblico per le numerosissime conferenze tenute in quasi trent’anni di attività, nella città e provincia di Pordenone e in molte altre città italiane, con la lettura del testo di Basile, ne restituisce il valore e la modernità, aggiungendo lo straordinario nuovissimo valore dei suoi commenti. Cinque capitoli, cinque fiabe: “L’ignorante”, “I due fratelli”, “La selva d’agli”, “Il catenaccio”, “L’orsa”, riportate integralmente per brani, nella traduzione in italiano di Carolina Stromboli, seguiti da considerazioni e ipotesi intorno alla clinica e citazioni letterarie pertinenti ai punti della fiaba esplorati con esattezza.
E punti su cui soffermarsi Basile ne offre tantissimi e in continuazione, sono esche per riflessioni importanti, per elaborazioni utili al nostro itinerario.
Questo è il lavoro di Antonella Silvestrini: cogliere lo spunto e analizzarlo, usando parole raffinate ma semplici, ricorrendo a esempi e citazioni, con scrittura ricca e elegante, ma fluida e accessibile a tutti, che procede da una lettura attenta a ciascun dettaglio, a tutti i pretesti che offrono la fiaba, i personaggi e le loro azioni.
In questo libro leggerezza e complessità si combinano felicemente, è un testo importante per ciascuno interessato alla ricerca, alla linguistica, all’intendimento. Le fiabe di Basile diventano un pretesto bellissimo per leggere la nostra vita, e guadagnare davvero un contributo al nostro viaggio.

Recensione di Maria Luisa Calabretto

Antonella Silvestrini
La festa della parola
Le fiabe di Giovan Battista Basile
Edizioni ETS

 

 

 

… dalla quarta di copertina

Leggete Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile e v’im­batterete in una lingua strabordante, ricca di giochi e d’in­venzioni, che celebra la vita nella sua anomalia, nei suoi para­dossi, nelle sue contraddizioni e nelle sue pieghe sorprendenti. In questo libro non troverete un commento storico, letterario o psicologico all’opera del grande scrittore campano. Le cinque fiabe di cui si scrive – L’ignorante, La selva d’agli, I due fratelli, Il catenaccio e L’orsa – sono il pretesto per l’esplorazione e la lettura degli elementi linguistici essenziali al viaggio della vita, quando i pregiudizi, i timori, le fantasie intorno a sé e all’Altro si volgono in parodia e non sono più il fondamento del confor­mismo familiare o sociale.

Avvalendosi della beffa, dell’esagerazione e della stravaganza, la lingua di Basile offre la chance di sfatare, man mano che van­no enunciandosi, le certezze soggettive di chi si fa personaggio. Fino all’approdo a una felicità che non deve più nulla al canone. Quando nella giornata s’instaura il gerundio – ovvero quando nessuno, vivendo, è più quello che pensava di essere né ha più quanto che pensava di avere -, quando il fratello non è più ne­gato – ovvero l’invidia non la fa più da padrona-, quando il padre e la madre sono mito nella parola e non più ruoli sociali, quando la questione donna non si risolve nella parità di genere, allora della vita cogliamo il gusto: il gusto del destino inedito, non più assegnato dall’appartenenza alla genealogia familiare o sociale. E nessuno è più vittima, nemmeno vittima di se stesso.

Antonella Silvestrini vive e lavora a Pordenone. Si occupa di psicanalisi e cifrematica, tiene conferenze e corsi di formazione. È presidente dell’as­sociazione “la cifra”, organizza dibattiti culturali ed eventi artistici. Ha pubblicato articoli e saggi nelle riviste e negli Atti dei congressi della casa editrice Spirali.